mercoledì 22 maggio 2013

Dalle larghe intese ai patti scellerati

di Ferdinando Imposimato [13/05/2013]

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Ci eravamo illusi, prima dell'ultima legislatura, che, grazie a una nuova classe politica, sarebbe finita l'epoca della corruzione, delle riforme eversive della Costituzione, dei conflitti di interesse irrisolti, della legge elettorale vergogna, delle guerre preventive che intaccano la sovranita' degli altri stati, del precariato dei lavoratori, delle gravi e sempre piu' diffuse diseguaglianze sociali, dell'aumento del debito pubblico, dei senza casa e senza reddito e degli intollerabili privilegi della casta politica, che portano allo sperpero del pubblico denaro a vantaggio di pochi e con sacrifici insopportabili per la stragrande maggioranza dei cittadini.
Avevamo sperato in un taglio consistente delle spese del Quirinale, del Senato, della Camera, dei rimborsi elettorali, in una eliminazione delle societa' partecipate, vere e proprie fonti di sperpero senza controllo. Invece non e' accaduto niente di tutto questo. E anzi, mentre restano intatte le indennita' per il presidente, si annuncia che l'indennita' di funzione del segretario generale sara' ridotta del 15%, mentre i compensi dei consiglieri del presidente della Repubblica del 12%. Poca cosa rispetto a cio' che ci si attendeva, anche con la riduzione delle indennita' dei parlamentari, che sono quintuple rispetto alle omologhe indennita' dei parlamentari di altri paesi europei. E tutto questo mentre si annunziano interventi in favore dei lavoratori che non trovano copertura nella riduzione della spesa pubblica.
Intanto il varo del governo delle larghe intese ha portato alla crescita della ribellione sociale con assalti violenti alle forze dell'ordine, a un calo dei consensi del Pd del 2-3 % e a un aumento di quelli del Pdl in pari misura con una tendenza a crescere, anche per le manovre demagogiche del solito imbonitore mediatico. Nello stesso tempo si stanno preparando riforme consociative che intaccherebbero alcuni pilastri della Costituzione. Qualcuno come Luciano Violante appoggia il varo di una repubblica semipresidenziale che mette a rischio l'equilibrio dei poteri, cardine della nostra Carta.
Lo spettro di uno stravolgimento della seconda parte della Costituzione lede i principi inviolabili contenuti nella prima parte e si ripropone in modo ancora piu' drammatico che in passato, nella indifferenza generale. Le riforme infatti vedono un accordo tra esponenti del Pd e Pdl e avverrebbero attraverso una misteriosa Convenzione, che abbraccia destra e quel che resta della sinistra, alla cui guida si propone Silvio Berlusconi, condannato in primo grado a 4 anni di reclusione per evasione fiscale continuata. In una democrazia normale il Cavaliere non dovrebbe nemmeno stare in Parlamento. Noi rischiamo di vederlo assurgere tra qualche anno alla massima carica dello Stato con una riforma presidenziale o semipresidenziale. Questo pericolo non viene percepito ne' dai politici delle larghe intese, ne' dalla maggioranza degli italiani, sempre piu' afflitti da gravi problemi di sopravvivenza e di tutela dei diritti fondamentali. Intanto chi detiene il monopolio delle TV pubbliche e private ha gia' iniziato una campagna elettorale, forte dell'assenza di una opposizione degna di questo nome.

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ALLEANZA A TRADIMENTO
La grande alleanza tra destra e sinistra ha tradito le aspettative degli elettori, che avevano votato il Pd perche' si contrapponesse a Berlusconi, ai suoi valori, al suo partito. Ed invece e' accaduto, nota Furio Colombo sul Fatto, che l'intero gruppo di deputati e senatori che avevano il compito di contrastare il Pdl e' andato a sedersi con la parte da sconfiggere. E' stata accettata la rinunzia alla legge sul conflitto di interessi, al predominio mediatico insopportabile di Berlusconi (che si fara' sentire nella prossima tornata elettorale), alla difesa dello Stato di diritto, che significa che la legge e' uguale per tutti, anche per i governanti, ad una legge elettorale che restituisca il diritto di voto ai cittadini e elimini quei premi di maggioranza che stravolgono la volonta' popolare.
Il rifiuto di votare Stefano Rodota' da parte del Pd e' stato il maggiore errore politico che si potesse fare: Rodota' avrebbe portato a un governo di centro sinistra senza Berlusconi e alla soluzione del problema cardine della democrazia: il conflitto di interessi. E a una politica di eguaglianza sociale e di redistribuzione delle ricchezze. Oggi uno dei punti del programma di Pierluigi Bersani, il conflitto di interessi da risolvere, e' sparito dall'agenda delle grandi intese, con esclusivo vantaggio della destra. Di riduzione della spesa pubblica si parla sempre meno.
Intanto anche sulla legge elettorale si indugia, e si lascia pericolosamente al leader del centro destra la possibilita', alle prossime elezioni, con una maggioranza relativa alla Camera e al Senato, di avere la maggioranza assoluta nel Parlamento, con la possibilita' di conquistare il Colle.

INDUGI SULLA LEGGE SCANDALO
Converra' rinfrescarci la memoria per capire la gravita' della attuale legge-scandalo. Si tiene in vita una legge elettorale senza il voto di preferenza: i partiti ripresenteranno un elenco telefonico di nomi, ciascuno con il suo numero in ordine progressivo. Se si presenteranno nelle file del Pdl soggetti corrotti o avventurieri o mafiosi mascherati nelle prime posizioni delle liste, essi saranno sicuramente eletti, poiche' la volonta' degli elettori e' pari a zero. Ma non e' tutto. Tre o quattro capilista potranno ancora candidarsi in molti collegi, in ogni parte del territorio nazionale, optando per quei collegi che consentiranno la eliminazione di avversari interni scomodi e non subalterni. La scelta dei rappresentanti del popolo avverra' prima delle elezioni ad opera di alcuni oligarchi, mentre il corpo elettorale dovra' solo ratificare cio' che e' stato deciso nei partiti.
Continuera' il monopolio dei dirigenti dei partiti sugli eletti. Immarcescibili burocrati decideranno quale dovra' essere la composizione del parlamento: gli eletti saranno al loro servizio senza rappresentare gli interessi dei cittadini, pena la non ricandidatura. La campagna elettorale si giochera' sul simbolo dei partiti e non sulla qualita' dei candidati. La democrazia si risolvera' nell'arbitrio dei soliti noti che sceglieranno amici, parenti e amanti. Il risultato sara' ancora una volta che oltre la meta' dei parlamentari verra' cooptata dall'alto.
Il rischio e' che si riproponga la proposta Chiti di riforma della Costituzione, che prevede di fatto l'elezione diretta del presidente del Consiglio, cui verrano attribuiti maggiori poteri a scapito del presidente della Repubblica e del parlamento. Il premier verrebbe scelto dagli elettori; il capo dello Stato si limiterebbe a prenderne atto. Dulcis in fundo, si mutuerebbe dal tatarellum il divieto di ribaltone: se il presidente del Consiglio cade, si deve rivotare. Questo e' il programma perseguito dal Cavaliere da sempre e che oggi rischia di essere riproposto.

LA PROFEZIA DI ALDO MORO
La riforma elettorale e quella costituzionale non incidono solo sulla organizzazione politica dello Stato, ma anche sui diritti inviolabili dell'uomo e sui principi di unita' e indivisibilita' dello Stato. La previsione di Aldo Moro rischia di avverarsi. Moro, con intuizione profetica, nell'aprile del 1948 denuncio' il pericolo «abbastanza grave, che gruppi o individui, modificando la seconda parte della Costituzione, fossero indotti ad avversare anche i principi consacrati nella prima parte inerenti alla natura ed alla dignita' della persona umana, principi che - egli ammoni' - non dovrebbero mai essere oggetto di revisione costituzionale, perche' alterarli significherebbe condannarsi al ridicolo, al disordine, alla tragedia». «E percio' - aggiungeva Moro - e' necessario che tutti gli uomini di buona volonta' siano concordi nella difesa di quei principi fondamentalmente umani e cerchino di trascriverli, prima che sulla carta, sulla viva pagina dei cuori» (Aldo Moro, ?Scritti e discorsi 1940-1947?, edizione Cinque lune).
Il vulnus maggiore della Carta fondamentale sarebbe una forma surrettizia di presidenzialismo, attraverso un premierato che realizza nel presidente del Consiglio una concentrazione di poteri assai superiore a quella di cui dispongono i capi di Stato e di governo dei paesi democratici, a cominciare da Obama e dal primo ministro inglese. Il professor Francesco De Martino, poco prima della sua morte, mi disse che qualunque forma di presidenzialismo o semipresidenzialismo, in Italia, rischia di essere il preludio di un regime autoritario.
In realta' la riforma introdurrebbe una forma di premierato assoluto, in analogia con i poteri che un tempo erano propri del monarca. Il premier puo' nominare e revocare i ministri e sciogliere il Parlamento. Mentre non risolve le questioni del sistema mediatico ed il conflitto di interessi. In conclusione, la riforma sarebbe un vero e proprio mostro, fondato sulla logica perversa dello scambio tra i principi costituzionali e la sopravvivenza della maggioranza. Ma laddove la Costituzione e' violata, la democrazia e' in pericolo. In questa situazione il Parlamento si troverebbe in una situazione di straordinaria debolezza.

COSTITUZIONE VIVA
La nostra Costituzione, accusata di vetusta' e arretratezza, non e' vecchia ed obsoleta. Essa e' viva ed attuale piu' che mai. E' e resta una Costituzione democratica anche a 65 anni dalla sua nascita. E deve essere attuata, soprattutto nella parte che riguarda il lavoro e la sua dignita' ed il conflitto di interessi. Essa contiene i principi fondamentali di garanzia, tra i quali l'uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge, l'indipendenza della magistratura, la tutela dell'istruzione pubblica, l'informazione libera, la separazione dei poteri e la centralita' del Parlamento. Principi che garantiscono condizioni di armonia e di solidarieta' tra unita' e pluralismo territoriale. E richiede subito una legge sul conflitto di interessi: che e' la situazione apparentemente ?legale? in cui si trova un governante, un amministratore, un banchiere, un politico o un giudice, che anziche' fare l'interesse pubblico nella sua attivita' istituzionale, cura il suo interesse privato o quello di amici e prestanomi.
Tale conflitto viola l'articolo 51, che prevede per tutti i cittadini una condizione di parita' nella competizione elettorale.
Il conflitto di interessi dilagante e' fonte di corruzione e criminalita' e di una gestione dissennata delle risorse pubbliche. Il conflitto di interessi e' il principale strumento di corruzione diffuso in Italia. Un cancro che affligge le nostre istituzioni da decenni. E si aggrava nonostante le denunzie e le accuse che fioccano per gli scandali ricorrenti. Che interessano varie categorie di persone: governanti, amministratori, governatori, banchieri, imprenditori, consulenti, soggetti nei quali spesso si uniscono le funzioni di controllori e controllati. Con il permesso o nell'assenza della legge. Ci attendiamo che la Costituzione sia attuata e che la legge sul conflitto sia varata al piu' presto: prima che sia troppo tardi. Invece il Governo delle larghe intese e' diventato il governo dei patti scellerati, a scapito della democrazia e della eguaglianza sociale.


http://www.lavocedellevoci.it/inchieste1.php?id=605

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