giovedì 6 giugno 2013

Per salvare B. faranno l'amnistia

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di Marco Travaglio

Il Cavaliere rischia la condanna definitiva e l'interdizione dai pubblici uffici. Con conseguenze pesanti per il governo delle 'larghe intese'. Ecco perché, zitti zitti, si preparano a usare l'arma finale (04 giugno 2013)



L'11 aprile Ignazio La Russa, che ogni tanto confessa, disse con l'aria di scherzare: «Il prossimo capo dello Stato sarà una donna: si chiama Salva di nome e Condotto di cognome». Pensava alla ministra della Giustizia uscente Severino, che già aveva ben meritato agli occhi di Berlusconi tagliando pene e prescrizione della concussione e dicendosi favorevole all'amnistia. Poi invece restò Napolitano che il 7 febbraio disse: «Se mi fosse toccato mettere una firma sull'amnistia, l'avrei fatto non una, ma dieci volte».

Comunque la battutaccia di La Russa piacque molto al Cavaliere, che promosse l'amico ?Gnazio a presidente della Giunta per le autorizzazioni a procedere della Camera, ora chiamata a decidere su cinque suoi processi per diffamazione e cause per danni. Ma nulla può contro l'eventuale condanna definitiva a 4 anni per frode fiscale nel processo Mediaset, con automatica interdizione per 5 anni dai pubblici uffici. Nel qual caso il condannato dovrebbe lasciare il Parlamento entro un anno, rinunciare a candidarsi alle prossime elezioni e trascorrere 12 mesi agli arresti domiciliari (gli altri tre anni sono condonati dall'indulto del 2006, che però salterebbe in caso di nuova condanna al processo Ruby).

Eppure dal Pdl e dal Pd si continua a ripetere che una condanna non avrebbe effetti sul governo. Assurdità allo stato puro, visto che difficilmente il centrodestra terrebbe ferme le mani mentre il suo leader viene defenestrato dal Senato e accompagnato dai carabinieri a scontare la pena a domicilio.

Ma, se tutti ostentano sicurezza, significa che nei protocolli segreti dell'inciucio sul governo Letta è previsto un salvacondotto. Già, ma quale? Si è parlato della nomina di Berlusconi, magari in tandem con Prodi, a senatore a vita. Sarebbe uno scandalo: il laticlavio è previsto dalla Costituzione per chi ha "illustrato la Patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario".

Ma soprattutto non sarebbe un salvacondotto: i senatori a vita, se condannati, scontano le pene detentive e accessorie come i comuni mortali. I falchi del Pdl ogni tanto minacciano una norma che cancelli le pene accessorie, ma difficilmente passerebbe: anche Pietro Maso, ora che ha scontato la pena, potrebbe candidarsi a un ufficio pubblico. E il Pd, votando una legge ad personam per il Caimano dopo averlo riportato al governo, perderebbe pure i pochi elettori rimasti. Anche la grazia, nonostante la manica larga con cui Napolitano la elargisce, sarebbe improponibile: per la Consulta è un "provvedimento umanitario" per lenire una pena detentiva oltremodo sofferta; e in base all'ex Cirielli il Cavaliere, avendo più di 70 anni, le galere non può vederle neppure in cartolina.

L'unico salvacondotto in grado di risparmiare a lui l'interdizione e al governo Letta la morte prematura è l'amnistia. Anche se nessuno ha il coraggio di nominarla, anzi proprio per questo. La guardasigilli Cancellieri insiste ogni due per tre sull'"emergenza carceri". Specie dopo che l'ha citata un Berlusconi sull'orlo delle lacrime in un passaggio ignorato da tutti del comizio anti-pm a Brescia. Siccome l'uomo non è un apostolo degli ultimi e dei diseredati, è probabile che l'improvvisa commozione non riguardasse tanto gli attuali detenuti, quanto quelli futuri. Soprattutto uno: lui. Del resto, nei dati sulla popolazione carceraria, non risulta mezzo evasore fiscale.

Dunque prepariamoci alle prossime mosse: qualche rivolta di detenuti nei mesi estivi; campagne "garantiste" contro il sovraffollamento sugli house organ di destra, seguiti a ruota dai finti ingenui di sinistra; i soliti moniti del Colle; le consuete giaculatorie cardinalizie. Poi, come per l'indulto bipartisan del 2006, una bella amnistia urbi et orbi, estesa ai reati dei colletti bianchi e alle pene accessorie. Così migliaia di detenuti usciranno per qualche mese (poi le celle torneranno a riempirsi: i delinquenti sono tanti e, per chi non lo è, nessuno ha interesse a cambiare le leggi che producono troppi reclusi). E uno non uscirà dal Parlamento: lui.

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